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In questa videointervista con il Prof. Gennaro Rispoli faremo una carrellata sulle principali vicende storiche che hanno riguardato il Museo delle Arti Sanitarie all’Ospedale degli Incurabili di Napoli,

Ecco, qui di seguito, la storia tratta dal sito web di questa istituzione.

L’ampio scalone in piperno, sul versante sud del cortile incurabilino, conduce ad un edificio facente parte dell’originario corpo architettonico cinquecentesco, sede del monastero delle Convertite, meglio note come Pentite, prostitute redente da Maria Lorenza Longo, impiegate per lo più per l’assistenza alle luetiche ricoverate, poiché presumibilmente immuni per aver già contratto la malattia.
Sullo scalone vi è il pozzo detto “dei pazzi”, per ricordare la presenza dei matti agli Incurabili sino alla fondazione del manicomio di Aversa in età murattiana. Il pozzo, privo da sempre di una funzione idrica, lascia immaginare una funzione terapeutico-punitiva collegata alla figura leggendaria del Maestro dei pazzi Giorgio Cattaneo (Mastro Giorgio). Oggi, parte del monastero delle Pentite, divenuto nei secoli successivi sede della “rationalia” dell’Ospedale, ospita il Museo delle Arti Sanitarie e di Storia della Medicina. Durante i lavori di allestimento delle sale, è stato portato alla luce uno scalone del Cinquecento, in piperno, con colonnato binato in marmo bianco, attraverso il quale le Pentite raggiungevano le corsie ospedaliere.
In occasione dell’anniversario della fondazione dell’Ospedale, il 23 marzo 2010, è stato istituito il primo nucleo del Museo.
Antichi ferri chirurgici e strumenti medici, stampe e libri messi insieme in un luogo particolare per salvare la memoria della scuola medica napoletana e della storia sanitaria del Sud.
L’idea di un museo negli Incurabili è antica, e già alla fine del XIX secolo vi è traccia di percorsi museali nella vita dell’ospedale. In quegli anni, il socio bibliotecario della Reale Accademia Medico-Chirurgica di Napoli, G. de Rosa, sposta nel locale accademico situato accanto alla storica farmacia, la sua biblioteca, che va ad arricchire quella preesistente del Tortora, allocata alle spalle della controspezieria.
Nel discorso tenuto in occasione delle adunanze accademiche di giugno e luglio 1885, abbiamo testimonianza della presenza di una collezione di stampe, quadri e busti dei medici illustri nella sede stessa dell’Accademia. Questa, fondata nel 1818, accoglieva quindi il nucleo iniziale di memorie sanitarie. Numerosi altri quadri di medici e reperti anatomici erano collocati nell’adiacente anfiteatro della clinica chirurgica, grandiosa sala che, collocata al di sopra della farmacia e della biblioteca, rivelava la grandiosità dell’ateneo negli Incurabili. L’autore del discorso sottolinea che la donazione di Antonio Magiocca, reggente della Santa Casa degli Incurabili alla metà del Settecento, consentì di realizzare la straordinaria farmacia e il connubio tra Arte e Scienza, capace di risollevare lo spirito dei medici provati dalle immagini di sofferenza e morte degli anfiteatri anatomici e delle affollate corsie ospedaliere. Sorprende l’anticipazione dell’attuale tema del burn-out degli operatori sanitari e del suo trattamento attraverso la funzione rasserenante dell’arte.
Un’altra testimonianza proviene da un articolo del chirurgo A. Lepre “Allacciatura della arteria iliaca esterna in seguito a ferita della crurale”, in Annali Clinici dello ospedale Incurabili, 1881. L’autore lamenta di non aver potuto usare per quell’operazione l’ago di Cooper che < bello e lucente era chiuso a chiave nella raccolta degli strumenti dell’arte, che per semplice mostra trovasi esposta nella Santa Casa >. Anzi, il chirurgo, chiede agli amministratori che la copiosa raccolta di strumenti chirurgici non sia messa solo sotto gli occhi, ma anche sotto le mani dei chirurghi. È evidente il riferimento ad uno strumentario raccolto a scopo didattico-museale.
Ciro Fiorillo, nella sua opera “Gli Incurabili”, afferma che in più tempi si è parlato della volontà di realizzare accanto alla farmacia un museo storico. L’autore è convinto, dall’analisi di un indice di una pandetta ritrovata tra le carte incurabiline, custodite presso l’ospedale Cardarelli, che il museo storico annesso alla farmacia fosse già presente a fine Ottocento. Verosimilmente, la tesi del Fiorillo di un museo costituito negl’Incurabili già a fine Ottocento è sostenibile se si allude ad un museo di carattere scientifico, di cui serbano memoria le raccolte di preparazioni anatomiche, preparazioni anatomo-patologiche e strumenti chirurgici. Il museo di quegli anni, collocato accanto alla farmacia e forse gestito dal personale della stessa, fu inizialmente un museo delle arti sanitarie, vivificato dalla presenza di accademie e riviste scientifiche di contenuto storico-medico, il cui interesse prevalente non era quello artistico, ma il recupero della tradizione e delle radici delle professioni sanitarie. Purtroppo sia la biblioteca che le collezioni scientifiche andarono incontro ad una dispersione, contestualmente al progressivo decadimento delle funzioni dell’ospedale.
Gli ambienti nell’area privilegiata della farmacia storica divennero prima deposito delle opere contenute nell’Ospedale Incurabili e, su iniziativa sostenuta dell’Associazione Il Faro d’Ippocrate, fu realizzata una quadreria visitabile che accoglie anche le opere provenienti dagli altri ospedali del centro storico. La dispersione di beni, favorita da trasferimenti presso il Cardarelli e prestiti ad istituzioni statali e cittadine, ha posto l’impellente questione della catalogazione degli stessi, al fine di ricostruire il contesto storico-ambientale della collocazione originaria dei capolavori, essenziale per comprendere la storia sociale ed artistica correlata agli antichi nosocomi della città.
Salvaguardare la memoria della Scuola Medica Napoletana, che fiorì proprio negli Incurabili ed ebbe illustri esponenti come Severino, Cotugno, Quadri, Amantea, Santoro, Boccanera, Troja, significa custodire e divulgare la memoria della storia sanitaria del Paese. Il Museo si pone, quindi, quale custode di questa memoria e del patrimonio racchiuso in beni artistici, ma anche libri, documenti, stampe e strumenti d’epoca e promotore della loro valorizzazione.

 

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© Enzo Antonio Cicchino, 2022

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