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A beneficio di tutti i nostri lettori che, da tempo ormai, ci onorano della loro attenzione e della loro stima, presentiamo qui di seguito il contenuto della Seconda Edizione, doverosamente riveduta ed ampliata con nuove fonti inedite nel frattempo acquisite ed impreziosita da una nuova veste grafica con copertina rigida, del volume recentemente dato alle stampe dedicato all’opera svolta in quegli anni convulsi dal giovane commissario di origini irpine Giovanni Palatucci intitolato “La rete segreta di Palatucci: Fatti, retroscena, testimonianze e documenti inediti che smentiscono l’accusa di collaborazionismo con i nazisti, pubblicato nel dicembre del 2015, in cui ho raccolto tutte le mie ricerche condotte dall’estate del 2013 ad oggi.

La rete segreta di Palatucci

Fatti, retroscena, testimonianze e documenti inediti che smentiscono l’accusa di collaborazionismo con i nazisti.

Amazon.it: La rete segreta di Palatucci: Fatti, retroscena, testimonianze e documenti inediti che smentiscono l’accusa di collaborazionismo con i nazisti – Preziosi (1970), Giovanni – Libri

Questo volume, giunto alla sua seconda edizione, riveduto e arricchito con nuovi particolari inediti, è frutto di una paziente e meticolosa ricerca durata alcuni anni, che ha preso spunto dalla querelle sollevata nell’estate del 2013 dal Centro Primo Levi di New York in merito alla vicenda del salvataggio degli ebrei ad opera del giovane responsabile dell’Ufficio stranieri della questura di Fiume Giovanni Palatucci che, secondo quanto asserito da alcuni studiosi, non sarebbe affatto da considerare la versione italiana di Oskar Schindler ma, al contrario, soltanto un oscuro funzionario che eseguì pedissequamente gli ordini superiori, al punto da essere annoverato addirittura tra quella folta schiera di collaborazionisti dei tedeschi.

A distanza di anni, dopo aver compulsato alcuni documenti finora inediti di cui diamo conto con dovizia di particolari nella seconda edizione del volume “La rete segreta di Palatucci” (Amazon-Kindle Direct publishing, 2022, pp. 533), finalmente, siamo riusciti a dare un nome ed un volto a questo ambiguo personaggio che faceva il doppio gioco comunicando alle autorità tedesche quanto accadeva quotidianamente all’interno della questura. Si trattava del Vicecommissario Emilio Filippi il quale, neanche a farlo apposta, abitava proprio in Via Pomerio, per la precisione al civico 23, in un appartamento sottratto furtivamente ad una famiglia ebrea proprio a due passi dall’abitazione di Palatucci, cosicché aveva l’opportunità di sorvegliare ogni suo movimento e tenere costantemente informato il Comando di Polizia delle SS e la Sicherheitspolizei del famigerato capitano Heinrich Schlünzen.

L’abitazione di Filippi e quella di Palatucci in via Pomerio a Fiume.

Difatti, subito dopo l’arresto di Palatucci, il 25 settembre 1944, su disposizione del Capo della Provincia Spalatin, il commissario Giuseppe Hamerl aveva assunto la direzione della questura nominando capo di Gabinetto proprio Filippi che, tra l’altro, come rivelò in seguito il commissario Mario Battilomo alla commissione jugoslava di epurazione, «a quel tempo, manten[eva] anche i contatti con [l’Hauptsturmführer Heinrich] Schlünzen, il capo dell’SD di Fiume» per l’appunto.

Il Ten. Col. Giuseppe Porcù.

Questo modus operandi assunto da Filippi, del resto, ci fa capire bene la cifra del personaggio «di carattere indeciso ed infimo, molto maligno» e, proprio per questo motivo, era “malvisto” da tutti i suoi colleghi perché lo consideravano «un avventuriero» al punto che, per rivalsa e convenienza personale, non si era fatto alcuno scrupolo di spifferare agli ufficiali di Polizia tedeschi ed al comandante della Milizia Porcù «tutto ciò che accadeva in Questura». In una circostanziata relazione stilata dalla Commissione cittadina jugoslava di epurazione per l’accertamento dei crimini di guerra degli occupanti e dei loro collaboratori, l’estensore ci svela dettagliatamente il profilo del delatore di Palatucci, ovverosia di colui che, con la complicità di alcuni agenti ausiliari collaborazionisti della questura suoi sodali, lo denunciò fornendo ai nazisti il capo d’accusa col quale avrebbero potuto incastrarlo e cioè la trasgressione della normativa vigente sul rilascio dei passaporti che, in varie circostanze, aveva abilmente aggirato con sottili escamotage per aiutare quelle famiglie ebree che a lui si erano rivolte per sfuggire alla deportazione. In questa relazione apprendiamo che Filippi era

«in servizio [a Fiume] dopo l’8 settembre 1943 fino al marzo 1945. Di carattere indeciso ed infimo, molto maligno, fiduciario segreto del comandante la milizia Porcù al quale dettagliatamente riportava tutto ciò che accadeva in Questura. Si crede che sia stato in contatto con i tedeschi e con la loro polizia. Per un certo tempo prese il comando degli agenti come anche la funzione di capo dei carabinieri, apertamente si spacciava per agente addetto alla sorveglianza dei viveri. Partito due giorni prima dell’arrivo dei partigiani. Ha asportato la bicicletta del dott. Palatucci che si trovava internato in Germania. Ha portato con sé anche molti altri oggetti di proprietà degli ebrei internati nelle abitazioni dei quali abitavano i tedeschi».

Questi particolari della delazione che determinò l’arresto di Palatucci, del resto, sono confermati con precisione anche dalla guardia di Pubblica Sicurezza Nunzio Gabriele che, dal 21 settembre 1939, era stato inviato a Fiume col grado di vicebrigadiere. Nella lettera che inviò a mons. Giuseppe Maria Palatucci il 6 giugno 1952, infatti, così scrive:

«Durante questo lungo periodo di tempo ebbi modo di convincermi ch’Egli, oltre a possedere una vastissima cultura, era dotato di una acuta intelligenza, ma, soprattutto, di un profondo senso umanitario, inteso a fare sempre bene, quando il proprio dovere glielo consentiva, a chiunque, ad aiutare i bisognosi ed a sollevare gli oppressi. Il suo cuore era aperto a tutti e le sue labbra bozzavano sempre un dolce sorriso, anche quando Egli veniva a trovarsi nella impossibilità di poter accontentare un tizio qualsiasi.

Per questo modo di fare, Egli era ritenuto il Funzionario di P.S. “Diplomatico” per cui era stimato e ben voluto da tutti ed in particolar modo da quelli di razza Ebraica, di ambo i sessi, appunto per l’appoggio dato loro durante le persecuzioni razziali, nella sua qualità di funzionario l’ufficio stranieri prima e di Reggente la Questura dopo. Fu proprio durante questo periodo che i tedeschi, dubitando che Egli non rispecchiasse limpidamente le loro idee ed i loro metodi, vuolsi, messi su da un V. Commissario di complemento di marca fascista, capitato da Roma a Fiume allorquando si avvicinò il pericolo dell’occupazione della capitale da parte degli alleati, lo prelevarono e lo internarono in Germania. Infatti subito dopo, tra lo stupore ed il dolore di noi tutti, corse voce che il Dr. Palatucci fosse stato fatto prelevare ad opera di questo sopraccennato cattivo individuo. Ciò andò sempre più avvalorandosi – sottolineava il vicebrigadiere Gabriele – perché costui, successivamente, diventò persona di fiducia del comandante tedesco della Zona di Trieste e Fiume dal quale ebbe battezzato un figlio o figlia».

Sembra del tutto evidente che in quel clima arroventato da veleni e sospetti il vicecommissario Filippi, con la complicità di alcuni «suoi agenti (ausiliari) più fedeli», dopo aver annotato nel suo “memoriale” particolari compromettenti sull’operato di Palatucci, alla fine riuscì a trovare il modo come incastrarlo accusandolo alle autorità tedesche di aver commesso delle irregolarità nel rilascio dei passaporti al punto da indurle a disporre il suo immediato arresto. Difatti, il 24 settembre 1944, giusto due settimane dopo, il commissario Battilomo scriveva nel suo diario che, il giorno precedente, si era recato «in Questura e verso le 11 […proprio] nell’ufficio di Filippi [… aveva] appreso da [lui] parecchie cose interessanti» convincendolo a consegnargli una «copia del suo memoriale» in cui appuntava meticolosamente ogni dettaglio delle indagini condotte dal reparto di Polizia Politica e di tutto ciò che accadeva in questura. Non è da escludere, pertanto, che tra queste pagine avesse trascritto anche i particolari che condussero all’arresto del reggente della questura di Fiume.

Ci siamo chiesti, dunque: chi era Giovanni Palatucci? Un eroe, un “Giusto”, un collaboratore dei nazisti nella persecuzione degli ebrei, un fedele esecutore degli ordini superiori, o forse più semplicemente un uomo che, constatando la perfidia dei nazifascisti che si consumava quotidianamente sotto i suoi occhi ai danni di tante persone innocenti, che avevano la sola “colpa” di appartenere ad una razza diversa, pur nel timore di essere scoperto, non riuscì a restare indifferente e cercò, per quanto gli era possibile, di impedire questo scempio?

Partendo da tale presupposto abbiamo cercato di approfondire questa complessa vicenda alla luce delle nuove testimonianze e dei documenti inediti che siamo riusciti a raccogliere riuscendo, finalmente, persino a dare un nome ed un volto a chi, all’interno della questura di Fiume, lo tradì denunciandolo al Comando di Polizia tedesco che, com’è noto, il 13 settembre 1944, dispose il suo arresto.
Inoltre, sono illustrate con dovizia di particolari, anche le principali operazioni di salvataggio predisposte da Palatucci a beneficio della “fidanzata” ebrea, Maria “Mika” Eisler e della madre Dragica Braun, della famiglia di Carl Selan e Lotte Eisner, della sorella del barone Niels Sachs de Gric, Lily Kremsir e della contessa polacca Maria Tarnowska Potocka. Senza contare il ruolo di primo piano svolto dall’amico “diplomatico” di origini svizzere Marcel Frossard de Saugy che si adoperò per impedire l’esecuzione capitale spiccata dai nazisti dopo il suo arresto.

A questa documentazione cartacea si aggiungono poi le importanti testimonianze del suo compagno di Dachau Ivan Gašperčič, di Franco Avallone, figlio della Guardia Scelta di P.S. della questura di Fiume Raffaele Avallone, fedele collaboratore di Palatucci, della signora Magda Lipschitz Heimler, figlia di Eugenio Lipschitz, internato nel Campo di Campagna; della prof.ssa Elena Scarpa, figlia di un altro collaboratore di Palatucci, il commissario di P.S. Carmelo Mario Scarpa; della sig.ra Maris Zagabria Persich, di Raffaele Ricciardelli, figlio dell’amico e collega del giovane questore di Fiume, il capo dell’Ufficio Politico della questura di Trieste Feliciano Ricciardelli e tanto altro ancora.

Promo e Booktrailer del libro di Giovanni Preziosi

“LA RETE SEGRETA DI PALATUCCI”

© Giovanni Preziosi, 2022
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