Eccidio dei Limmari – 4: il giorno della strage

Ogni anno, il 21 novembre, a Pietransieri, piccola frazione di Roccaraso in provincia dell’Aquila, si svolge una fiaccolata della memoria che ripercorre i luoghi dell’eccidio perpetrato settantasei anni fa nei boschi dei Limmari da un manipolo di soldati tedeschi agli ordini del maggiore Wolf Werner Graf von der Schulenburg. In quella circostanza persero la vita 128 innocenti, tra cui sessanta donne e trentaquattro bambini, uccisi perché sospettati di favoreggiamento verso i partigiani che gravitavano nella zona.

Con una sentenza destinata a divenire storica, che tuttavia è giunta a circa 75 anni di distanza, nel 2017 il Tribunale di Sulmona ha dichiarato la Germania, quale successore del Terzo Reich, colpevole di quell’orribile strage che si consumò, tra il 16 e il 21 novembre del 1943, nei boschi dei Limmari a Pietransieri, una frazione di Roccaraso (L’Aquila), nella quale persero la vita ben 128 persone, stabilendo anche quell’orribile eccidio un risarcimento di 1,6 milioni di euro al Comune di Roccaraso e circa 5 milioni di euro a gran parte degli eredi.

Lapide dell’eccidio di Pietransieri

Fin dal 30 ottobre 1943 il maresciallo Kesselring aveva fatto affiggere un manifesto in tedesco:

Tutti coloro che si troveranno ancora in paese o sulle montagne circostanti saranno considerati ribelli e ad essi sarà riservato il trattamento stabilito dalle leggi di guerra dell’esercito germanico. 

Virginia Macerelli (a sinistra) Pia Cocco (a destra)

L’avvertimento fu sottovalutato da molti, anche perché si sperava che gli alleati, appena arrivati in Molise, avrebbero presto attraversato il fiume Sangro. Sentendo il fiato sul collo delle truppe anglo-americane, ritirandosi l’esercito tedesco fece terra bruciata, dando alle fiamme e depredando tutto ciò che incontrava. Soltanto una bimba di sei anni, Virginia Macerelli, riuscì a scampare alla strage, salvandosi protetta dal corpo della madre, mentre si accasciava al suolo sotto una raffica di mitra.

Di fronte alla carneficina pressoché quotidiana, intuendo anche il pericolo a cui andavano incontro i tanti ebrei nascosti in zona, fin dall’ottobre 1943 — attraverso

Mons. Carlo Confalonieri (25 luglio 1893 – 1 agosto 1986)

l’arcivescovo, monsignor Carlo Confalonieri — la Chiesa aprutina si adopero con solerzia per ≪trasferire in segreto all’Aquila tutti gli ebrei sfuggiti alla retata del ghetto di Roma e tutti coloro che [erano] nei monasteri o nei conventi del reatino≫. Costoro furono trasferiti nel collegio dei padri gesuiti e nei conventi di Santa Chiara e di San Giuliano.

Scrive il cronista del convento dei frati minori di Santa Chiara:

≪Il M. R. P. Provinciale, d’accordo col Definitorio, dispose che gli studenti di teologia si trasferissero nel convento di Leonessa se gli eventi lo avessero richiesto. (…) Intanto sull’Aquila gravava la minaccia di maggiori pericoli≫.

Per scongiurarli, i frati predisposero un rifugio che, ≪partendo dalla carbonaia≫ e scavando nella roccia, passava al di sotto della ≪porta battitora≫ sbucando oltre il muro di cinta, proprio di fronte alla chiesa.

All’indomani dell’armistizio, cominciarono ad affluire presso il cenobio francescano un numero incalcolabile di persone che cercavano di sfuggire ai rastrellamenti nazisti.

≪Il Convento di S. Chiara — scrive ancora il cronista — di fronte al pubblico di ogni condizione non ha smentito un sol giorno la fama meritatamente acquistata per la carità sempre usata con tutti.
Nelle circostanze attuali dimostrò coi fatti di possedere sentimenti umanitari e patriottici in alto grado≫.

Nella temperie di quei mesi, infatti, bussarono alla porta del convento francescano anche numerosi ufficiali e militari che si erano dati alla macchia, i quali furono amorevolmente accolti. Osservando scrupolosamente le doverose misure precauzionali, fu concessa ospitalità anche ad alcuni giovani che desideravano oltrepassare le linee, e persino a un folto stuolo di sfollati ai quali fu continuamente somministrato «pane e minestra, sia che si presentassero alla spicciolata, sia che si unissero ai poveri numerosi che ven[ivano] giornalmente a prendere la minestra. Molti sono stati aiutati con rilevanti elemosine in denaro». Con l’intensificarsi delle retate nazifasciste, dall’8 dicembre 1943 al 10 gennaio 1944 furono nascosti nel cenobio anche

sette ebrei e fu loro somministrato gratuitamente vitto e alloggio. Per interessamento dei religiosi – si legge sempre nelle cronache – uno di essi fu ricoverato nell’Ospedale allo scopo di sottrarlo a pericolosi trasferimenti, e un altro fu trattenuto in Convento pure per motivi di salute.

Dopo l’8 settembre, ai prigionieri rifugiati presso la montagna del Guasto fu elargita «una rilevante quantità di pane e di pasta, procurata a spese e mediante industria dei Religiosi». Tutto ciò grazie al contributo determinante di alcuni pastori della zona che, durante il trasporto dei rifornimenti per le loro aziende, recapitavano le derrate alimentari ai bisognosi.

Anche ad altri prigionieri nascosti nelle vicinanze del Borgo Rivera fu, quasi quotidianamente, assicurato il sostentamento. Appena fu possibile, i prigionieri fecero pervenire al Superiore una commovente lettera di ringraziamento in inglese e in italiano.

Per circa due anni, fu ospitato in convento anche Ivan Bester, sacerdote decano di Lubiana «internato per supposti sentimenti antifascisti». Non si lesinò l’aiuto neanche nei confronti dell’ex podestà di Teramo, l’avvocato Nicola Nanni, detenuto nelle carceri dell’Aquila perché condannato dal Tribunale di guerra tedesco a cinque anni di reclusione in commutazione della pena di morte: aveva infatti favorito i prigionieri dando ospitalità persino ad alcuni ufficiali inglesi in attività di spionaggio sulle linee del fronte. I frati, infatti, si preoccuparono di fargli avere un confortevole letto di ferro con materasso, non esitando ad assicurare a lui e a due sue strette congiunte, per circa quattro mesi anche il vitto. L’avvocato Nanni era riuscito a scongiurare la pena capitale grazie al provvidenziale intervento del podestà di Teramo Umberto Adamoli che, nel corso del dibattimento, era intervenuto per perorare la sua causa.

Cosi, con discrezione, anche la Chiesa aprutina contribuì a salvare dalla furia nazista tante persone innocenti.


Qui di seguito il film-Documentario sull’Eccidio di Pietransieri dal titolo “Il Sangue dei Limmari” per la regia di Anna Cavasinni e Fabrizio Franceschelli, prodotto da Territori-Link 2009, che offre un’accurata ricostruzione dei fatti, nei luoghi dove si svolsero, con la partecipazione degli abitanti di Pietransieri e con il racconto dei testimoni oculari e dei protagonisti.

Tratto da “Il sangue dei Limmari” (Rai Storia)

© Giovanni Preziosi, 2024
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