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Iniziamo una conversazione che durerà diverse puntate, con il Prof. Sergio Caroli che è stato dirigente di ricerca all’Istituto Superiore di Sanità a Roma ed ha all’attivo oltre 400 pubblicazioni scientifiche di vari argomenti che ora su vari argomenti che ora vedremo ecco professore come inizio per questa prima puntata di cosa ci parlerà?
Prof. Sergio Caroli
Questo progetto mi fu affidato proprio agli inizi della mia carriera presso l’istituto superiore di sanità, che allora era un qualcosa di molto avanzato nelle prospettive sia di sviluppo che di applicabilità. Premetto che questa attività di cui faccio riferimento si volse inizialmente proprio a cavallo degli anni ‘60 e ‘70 – quindi alla fine degli anni ‘60 – sostanzialmente presso appunto l’istituto superiore di sanità nel quale io ero appena entrato da qualche settimana con la borsa di studio come ricercatore. Ed ero in un laboratorio di elettrochimica e spettrochimica che era uno dei laboratori più avanzati all’epoca. In realtà entrai per occuparmi di un tema di cui vi do adesso soltanto un cenno perché fu il primo tema di cui mi occupai ma che poi fu assegnato ad altre persone perché si ritenne più opportuno che io mi occupassi del tema che invece esporrò. In realtà il tema che avevo intrapreso era a sua volta molto interessante era una ricerca basata sulla messa a punto di nuove tecniche elettrochimiche per dosare e individuare la vitamina K solo per essere più esplicito la vitamina K il cui termine K deriva dal tedesco koagulation, quindi riguarda la coagulazione del sangue e questa la ragione del termine K e esiste in due forme esisteva allora che esiste oggi tuttora in due forme la K1 e la K2; la prima è essenziale per la coagulazione del sangue e per rimarginare le ferite la seconda invece assicura la metabolismo del calcio e quindi sostanzialmente garantisce la salute delle ossa in generale quello delle arterie. Quindi erano due temi affascinanti e allora non si riusciva ancora ad avere metodi analitici precisi e tali da distinguere tra le due cose. Quindi fui assegnato l’indomani del mio ingresso in istituto a questo tema che trattai con grande entusiasmo.
Poi l’avvicendamento delle funzioni all’interno del laboratorio e soprattutto l’arrivo di una grossa commessa da parte statunitense da parte dell’Usaf/Nasa – l’Usaf era l’acronimo di United States Air Force – ovvero l’aviazione militare degli Stati e della Nasa, cioè l’ente spaziale americano piano appena nato, perché era stato Eisenhower a crearlo in quegli anni, soprattutto come risposta ai successi spaziali sovietici. Ecco questi due enti statunitensi, anche se in realtà l’interlocutore era appunto l’aviazione militare americana, ovvero l’Usaf, avevano assegnato al mio direttore di laboratorio, appunto una personalità scientifica di altissimo livello, questo contratto segretissimo confidenziale di cui non si doveva e non si poteva sapere niente se non l’unico elemento che poi operativamente si sarebbe dovuto svolgere in istituto, quindi il contesto mi era ignoto. Quello di cui oggi io parlo è quello che ho saputo successivamente anche anni dopo devo dire quando il progetto fu decretato per così dire e quindi il contesto era proprio quello ancora tutto sommato di un periodo post bellico evidente tra l’altro la parte dell’istituto dove si trovava il mio laboratorio e si trovò per tutti i decenni successivi – in realtà poi divenni lo stesso direttore di quel laboratorio fino al 2011, quindi per oltre quarant’anni in buona sostanza – era però la parte che era rimasta lesionata dai bombardamenti alleati di San Lorenzo e questi segni di lesione c’erano ancora molto vicini tra l’altro è noto di bombardamenti di allora avevano una precisione molto approssimativa per cui se l’obiettivo era stato colpire la stazione Tiburtina e lo scalo di San Lorenzo perché da lì partivano e arrivavano treni delle forze tedesche e dell’esercito tedesco, soprattutto treni di munizioni, però poi il bombardamento fu in realtà a tappeto su tutta l’aria fino ad arrivare a colpire anche l’istituto che nella zona di Piazzale delle Province nonché la stessa palazzina di abitazione dove viveva la mia famiglia un appartamento di questa palazzina che era appunto in prossimità di Piazzale delle Province che tra l’altro fu colpita seriamente e crollò, noi stando a quello che mi dicevano i miei genitori, ci salvammo per un pelo dal crollo della palazzina dopo il bombardamento e quindi è una cosa che in qualche modo io legai sempre anche alla presenza dell’istituto i cui segni di danneggiamento dovuti al bombardamento che era lo stesso che aveva colpito la nostra casa erano molto evidenti, ma questo per contestualizzare quanto il clima bellico fosse ancora presente in questi segni esteriori.
Bene vengo al dunque io mi occupai in questo contesto per le ragioni che ho detto lasciando quindi l’incarico sul tema della elettrochimica e delle vitamine K in questo contratto segreto dell’Usaf, che riguardava lo sviluppo di alcuni dispositivi che vi dico adesso col senno di poi compresi molti anni dopo, che dovevano essere utilizzati per monitorare l’atmosfera artificiale all’interno delle capsule spaziali americane (eravamo già negli anni in cui c’era stato lo sbarco sulla luna, quindi il progetto Apollo era in pieno sviluppo) ora uno dei problemi era proprio come accertarsi che quell’atmosfera, nonostante tutte le precauzioni prese per depurarla e rimetterla in maniera purificata, presentava qualche problema nella qualità e nella purezza dell’aria che gli astronauti respiravano e siccome il programma Paul aveva di fronte a sé un’estensione temporale di diversi anni ancora, era diventata un problema serio da risolvere. Fu grazie appunto al prestigio internazionale del direttore il mio laboratorio questa cosa venne assegnata all’istituto e al nostro laboratorio, probabilmente come segno di stima, io ero giovanissimo perché ero proprio all’inizio della mia carriera, il direttore del laboratorio mi fa piacere menzionarlo il professor Giulio Melazzo decise di affidarlo a me. Io ne fui onorato, naturalmente, senza capire in realtà non lo sapeva forse neanche lui forse sì un pochino di più ma in realtà era tutto segretissimo. C’era il divieto assoluto di fotocopiare e trascrivere qualunque cosa fosse frutto di questa attività. Ecco questo era il contesto nel quale ci si muoveva era piuttosto come dire complicato o comunque poco flessibile rispetto ai mezzi tecnici di cui disponiamo oggi. Che cos’era il dispositivo che dovevo sviluppare era, scusate il termine tecnico ma insomma va detto così, si definiva una sorgente spettrale di emissione adesso il termine altisonante ma che cosa vuol dire vuol dire un dispositivo all’interno del quale si può far defluire il gas da analizzare e questo gas viene eccitato dal campo elettrico che viene sovrapposto a questo dispositivo che emette uno spettro caratteristico che viene registrato e quindi dallo spettro, quindi dalle linee spettrali emesse, si può capire che cosa c’è e quanto ce n’è e quindi anche che cosa sono i gas che tutto sommato sono nocivi per chi lo respira. […]
Rimaneva un dispositivo che aveva tante potenzialità che appunto noi li utilizzammo in istituto, ma non soltanto in istituto. Tra l’altro questa cosa aveva già avuto in precedenza – e poi fu ulteriormente sviluppata – molti punti di contatto con un’attività che si faceva alla Specola Vaticana, cioè l’osservatorio astronomico ed il laboratorio di astrofisica del Vaticano, che si trova nel palazzo di Castel Gandolfo, dove nel corso di questa attività che vi ho appena sintetizzato io stesso andavo spesso per avere colloqui e interazioni, parte di progetti collaterali non questo che era segreto, al fine di sviluppare questa sorgente. In realtà questo fu la l’avvio poi una collaborazione molto duratura tra l’Istituto e la Specola Vaticana che ricordo con estremo piacere. Tra l’altro presso la Specola Vaticana ed il laboratorio di astrofisica e spettrochimica questa stessa tecnica veniva utilizzata per analizzare l’emissione dei corpi celesti con lo stesso principio nel senso che si eccitavano gli spettri e poi si andava a leggere che cosa quel dato corpo celeste potesse contenere come elementi di connotazione specifica. Il gruppo che lavorava allora presso la Specola Vaticana del quale io ebbi l’onore di lavorare per molti anni, era un gruppo di scienziati tutti austriaci e tutti gesuiti: una scuola eccellente. La Specola Vaticana in realtà era stata fondata nel 1891 dal papa di allora ed aveva subito acquistato una fama internazionale come laboratorio di astrofisica, tant’è che tuttora presso la Specola Vaticana c’è una collezione di meteoriti straordinaria che non ha eguale al mondo.
L’Istituto Superiore di Sanità da chi è stato creato, quando è nato?
Prof. Sergio Caroli
L’istituto fu creato nel 1935 nell’area appunto di San Lorenzo, viale Regina Elena, viale Regina Margherita, Piazzale delle Province, perché quella nella progettualità del regime di quegli anni doveva essere tutta un’area scientifica non a caso il quartier generale del Consiglio Nazionale delle Ricerche si trova lì tuttora, non a caso c’è l’Umberto I come struttura ospedaliera ma poi c’è anche l’istituto odontoiatrico Isma, cioè è un concentrato di istituzioni scientifiche che permetteva tra l’altro allora che l’ho apprezzato moltissimo la capacità di interagire con colleghi di altri settori semplicemente andarli a trovare tutto era all’interno di una distanza di 15 minuti di passeggiata e non è un caso che poi anche l’enea come sede centrale era lì a Viale Regina Margherita quindi era veramente una concentrazione di cervelli straordinaria ed è nato appunto nel ’35. Poi lo sviluppo dell’istituto fu anche durante gli anni del conflitto e qui vale la pena di ricordare che prima del conflitto la Germania aveva regalato all’istituto uno splendido spettrometro a Raggi X, che era unico al mondo per analisi dei raggi X, ma durante il conflitto soprattutto dopo l’otto settembre se lo riprese e lo riportò in Germania ma i colleghi di allora i fisici in notti febbrili di lavoro riuscirono a farne uno identico che tuttora sta lì in una teca di cristallo al secondo piano dell’istituto ed è identico a quello che fu portato via.
Successivamente al periodo bellico con i danni che anche le strutture ebbero l’Istituto ebbe una nuova fase di espansione anche perché ne fu messo alla direzione il prof. Domenico Marotta che lo rilanciò a livello internazionale. Successivamente, come nel caso Mattei, anche Domenico Marotta fu esonerato da questo tentativo di togliere di mezzo chi volesse far fare una politica in qualche modo autonoma solo al problema dell’energia nucleare in Italia in alternativa a quella chimica e petrolifera, ma anche nel settore del farmaco che era quello che riguardava più da vicino l’istituto.
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© Enzo Antonio Cicchino, 2022
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